24 giugno 2010

DARE DENARO O ALTRO

Vengo a scuola in macchina. Arrivo più tardi del solito. Le strade hanno traffico caotico e nervoso. Cambio percorso abituale. Percorro vie che facevo anni addietro, prima di scovare strade pià scorrevoli. Ritrovo, allo stesso incrocio di piazza, una zingara che mi ha sempre irritato. Per quel modo che hanno alcuni diseredati di pretendere il portafoglio che si apre. Sempre macilenta, con abiti ostentatamente dimessi e luridi, estate o inverno era sempre lì, ad aspettare il semaforo rosso. Così poteva avvicinarsi alle macchine in attesa di ripartire. Oggi invece mi viene spontaneo, complice un'attesa più lunga del solito, porgerle la prima moneta che mi capita in mano. Mi ringrazia e mi dice che mi vuole bene. Mi turba. Un non so che di caldo si insinua sottopelle e lì resta. Sono quasi felice per quel gesto per me poco abituale e che mi ripropongo invece lo diventi.
Secondo alcune dottrine psicologiche l'elemosina è un modo di alleviare il senso di colpa che può nascere in alcuni individui dal constatare che c'è chi sta peggio di loro. Non so. Stiamo tutti peggio, ognuno a modo proprio.
Il termine deriva dal greco eleèo (ho compassione), da cui attraverso l'aggettivo eléemon (compassionevole) passò al basso latino (cristiano) eelemosyna e da lì alle lingue romanze.
Gesù, usando l'espressione "La tua sinistra non sappia cosa fa la tua destra"(Mt 6,3), indica che l’elemosina, oltre a non essere uno spettacolo dato agli uomini per riceverne lodi, non è neanche materia di compiacimento personale. Deve rimanere segreta, nemmeno pubblicizzata nel proprio pensiero, anche per colui che la fa. L’elemosina non va identificata con la carità, la quale certo la comprende, ma che la supera. Non è infatti un caso che l’enciclica Caritas in Veritate non contenga in nessuna frase la parola elemosina. "Non distogliere mai lo sguardo dal povero, così non si leverà da te lo sguardo di Dio" (Libro di Tobia nella Bibbia, 4,7). Con questa analogia, incentrata sullo sguardo, compare la parola elemosina nelle Sacre Scritture. L'Islam mette la zakat tra i suoi pilastri, anche se si tratta di un'elemosina obbligatoria. La ricchezza infatti, per l'osservante musulmano, può essere utilizzata degnamente solo dopo averla purificata, attraverso l'elemosina appunto.
Nella mitologia greca esistono delle divinità collegate a questa significato, le Grazie, mentre nel Buddismo tale pratica assume il nome di Brahmsta. Nell'Ebraismo è denominata tzedakà (צדקה), che tradotta letteralmente significa "giustizia". Il popolo ebraico è storicamente molto accorto nell'uso dei vocaboli. Nell'Induismo, per evitare le reincarnazioni, l'uomo deve percorrere quattro tappe. Tra queste spicca l'assoluta povertà e ascesi che si concretizzano nel vivere di elemosina, accettando solo pane e cereali.
Siamo abituati a collegare l'elemosina al denaro. Penso invece che ci sia altro. E' elemosina offrire il proprio tempo gratuitamente a un amico, fare una telefonata che non desideriamo fare ma che sappiamo attesa, utilizzare le nostre risorse intellettuali (di cui spesso non siamo meritevoli) per indicare vie o percorsi possibili a chi si trova in difficoltà. Anche il lavoro con i ragazzi a scuola dà parecchie occasioni per fare elemosina. Là dove ti impegni senza che ti richiedano, ma dove tu vedi il bisogno. E' chiaro che non ti aspetti nulla in cambio. Nessuno infatti ringrazia. Questo è elemosina: dare perchè molti di noi hanno molto, molti altri invece no. E spesso chi ha non ne ha il merito. Occorre dunque risarcire. Ognuno trovi i suoi modi.
Tutti prima o poi abbiamo necessità di qualche forma di elemosina. Non è facile nemmeno ricevere, sapendo che appunto, trattasi spesso di questua. Porgere una mano per chiedere non è affare da poco. Nè per i poveri nè per chi si reputa ricco.

*Elemosina di Santa Lucia (particolare) Pasqualino Rossi 1770ca.

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