3 giugno 2010

CRIMIINI E MISFATTI

Accadono cose che rinviano a un mondo sbagliato. Violento e crudele. Assisto quotidianamente nella mia scuola a scene di ordianaria cattiveria e ferocia. Ma mi rendo conto che si tratta di istanze presenti ovunque e che nascono prima di arrivare da noi. Già a partire dall'infanzia, per molti crudele, i bambini devono costruire e affilare armi per la sopravvivenza, sociale ed emotiva. Sempre figlia di amici 10 anni.
Carattere ribelle ed esuberante per sua natura, accetta volentieri la sfida, non si tira mai indietro davanti alla rissa sia fisica che verbale. Bell'esempio di bambina del terzo millennio. Non c'è più spazio per le fate, se mai c'è stato. Oggi nuove guerriere si affacciano al mondo. Nascono già con il coltello tra i denti. E forse è un bene. Mi racconta il mio amico, padre della bimba, che ieri l'hanno chiamato con urgenza da scuola. La figlia si era ferita gravemente con un vetro. Stavano portandola al pronto soccorso di noto ospedale cittadino. Il mio amico accorre e accompagna la bambina in ambulanza.
La cronaca degli eventi. La classe è esuberante, giocano male e non sono sorvegliati da nessuno. Maestre distratte e dissennate passano il tempo del gioco dei loro alunni al cellulare. Sveva, così la chiamerò d'ora in poi, giocava con alcune amiche in classe. A un certo punto nell'antiaula un gruppo di maschi sottrae a Sveva cartella e astuccio. E' un attimo. Tutto carambola fuori dalla finestra in un disordine cattivo e inevitabile. Sveva non si scompone. Conosce la sua classe. Esce e va a raccogliere le sue cose, mentre dalla finestra i pensatori la sbeffeggiano. Vuole rientrare, ma i maschi la chiudono fuori. La porta ha dei vetri, sostenuti a quadrato da listelli di legno. Sveva bussa più volte. Nessuno la fa entrare. I maschi continuano a ridere. Sveva non ci pensa due volte. Spacca il vetro a mano nuda e apre la porta dalla maniglia dell'interno. Nel fare questa mossa sventata, si taglia la mano, il polso e quasi le ferite raggiungono il tendine del pollice. Sveva è mancina. Il sangue è dappertutto. La maestra non si vede. Quando la situazione diventa tarantiniana, appare in un finto panico e dice: "Ma qui son tutti pazzi...Adesso ci mettiamo anche a rompere i vetri. Ma dove andremo a finire? Per fortuna che l'anno sta finenedo".
Sveva intanto va a sciacquarsi il braccio e la mano sanguinanti alla fontana antistante la scuola, che si trova inaspettatamente in un parco cittadino. Viene soccorsa da una pattuglia di polizia che fa spesso la ronda nel quartiere. Viene chiamata l'ambulanza, il padre, la madre. I compagni si eclissano come inghiottiti da una vergogna intempestiva. Sveva torna a casa dall'ospedale alle sei di sera. Qualche compagna la chiama per sentire come sta. Nessun maschio la cerca nè le chiede scusa. Solo Diego, un ragazzo difficile in affido le telefona preoccupato. Sveva è raggiante. A chi telefona fa la cronaca dell'accaduto. Le piace parlare e raccontare storie. Domani sarà una star. Chiede il permesso ai genitori di far firmare le bende che avvolgono il braccio.

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