Dentro di me covo il cuore di un anarchico. Sempre stato, come mio padre. Complice una radice familiare toscana, non ho mai sopportato l'ordine costituito, la regola, il dettame cieco che nega le differenze e dà ordini. La dimensione falsamente democratica di alcune situazioni sociali mi fa imbestialire. L'obbligo agito come punto di potere, e spesso lo è, mi mette in grande imbarazzo di coscienza. Frasi come non devi, non puoi, non va...e simili mi hanno sempre fatto venire l'orticaria sin da bambino. Era impossibile ordinarmi di fare qualcosa. Facevo cocciutamente il vago e agivo di testa mia. Non discutevo, ma non obbedivo. Non ricordo una sola volta di aver eseguito una qualsiasi richiesta ricevuta. Nemmeno quando nelle foto di famiglia mio padre mi chiedeva un sorriso. Forse a scuola, ma anche lì ho avuto difficoltà con i miei inesorabili esami di riparazione per ogni anno del liceo. Studiavo quello che volevo, anche fuori dalle richieste dei docenti. Trascuravo le materie curriculari che non mi coinvolgevano sufficientemente da essere studiate. Insomma, facevo il più possibile quello che mi ballava in testa. E siccome quello che volevo era leggere, tenevo strategicamente il libro del momento sotto la grammatica greca o latina, non ricordo. In modo che sembrasse che mi stavo ammazzando su quei manuali. In realtà, la mia mente vagava altrove. Nessuno dei miei genitori se ne è mai accorto, o forse così mi hanno fatto credere. Incapaci a comprendere un figlio algebrico oltre la possibile comprensione genitoriale.
A scuola è vietato fumare. Campeggia su tutti i muri con cartelli terroristici per eventuali ignari trasgressori. Con un paio di colleghi ci inventiamo un fumoir in un'aula poco frequentata. In realtà, sono io il pensatore che lancia l'ideona. Sto dettagliando a voce alta le peculiarità di questo luogo per soli uomini. Mi lascio prendere la mano dai particolari della descrizione. Parlo della Francia di inizio '900 e dei fumoir appunto, dove gli intellettuali si riunivano per fumare e bere assenzio. Il pendant dello stesso luogo si trova nei club inglesi per soli uomini in cui, dentro alla segregazione autoimposta di genere, si aggiunge un ulteriore luogo esclusivo per fumatori. In realtà, mi sto inventando tutto, non so esattamente cosa ci sia di vero in quello che ho appena detto. Sente e ascolta il direttore che mi chiede al brucio se a scuola io fumo. Certo, nel fumoir di cui parlavo. Mi ingiunge seduta stante di non farlo mai più in nessuna aula. Io gli rispondo che non avverrà mai più e che scenderò d'ora in poi in cortile. Pena ammonizione scritta. Invece, esco dall'ufficio e mi avvio nel fumoir, rubando una sigaretta dal pacchetto di una collega distratta. Aspiro ampie volute di un tabacco a cui non sono abituato. L'eccitazione per la trasgressione attuata si trasforma tempo zero in un mal di testa stellare. Spengo la sigaretta e mi riprometto che non trasgredirò mai più.
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