
Non so più se la moglie o la sorella. Certo è che se Kant non fosse stato accudito di tutto punto nelle incombenze quotidiane non ci avrebbe ammorbato con quel tomo che porta il titolo di
Critica alla ragion pura. Già siffatte parole fanno tremare i polsi. In realtà, che fosse moglie o sorella poco importa. Si trattava in ogni caso di figura materna, accudente e accogliente. Noi studenti non ci capivamo nulla. Eppure ci abbiamo studiato. Ricordo un veloce libretto. Una copertina ingenuamente azzurro polvere e blu ci regalalva il compendio di quell'opera monumentale. Non ne capivamo nulla comunque. A dispetto delle sinossi dei pezzi più impegnativi, delle glosse che adornavano le pagine, delle spiegazioni dell'insuperabile Antonia. Nulla. Quello che siamo riusciti a partorire, i genii, è stata la battutona dell'anno. La sorella di Kant si chiama Kantina. Ridacchiavamo, stupidi e imberbi, a raccontarcela di continuo. Io, più insensato di altri, feci uno schizzo a grafite nell'ultima pagina del libretto. Raffigurava una ragazzina dai capelli ricci con gli occhiali dalla cui bocca usciva un fumetto di presentazione: "Ciao, mi chiamo Kantina". Forse quindi era la sorella. Insuperabile anche questo, a suo modo. Insomma, questo signore se ne sta là, a oziare e a non pensare a null'altro che a farsi illuminare dall'Illuminismo che stava da tutte le parti, a elucubrare sull'ipotesi cosmogonica della nebulosa primitiva, a ragionare sulla correlazione sussistente tra metafisica e scienza. In pratica, non aveva un cazzo da fare. Ben per lui. La libertà e il tempo del pensiero esigono un'assoluta mancanza di obblighi concreti, di responsabilità pragmatiche. Trattasi di grande privilegio, a dispetto di chi sfanga le cose da fare al nostro posto. Anche solo riempire il frigo che probabilmente Immy (1) non possedeva. Qualcuno cucinava ogni giorno per lui.
L'iperbolico compito filosofico che Kant si prefigge lo porta alla scelta di una vita molto riservata, fatta di abitudini e di libri. Ricordo, sempre grazie alle indimenticabili lezioni della filosofa che ho avuto l'onore di avere come insegnante di liceo, il famoso aneddoto della passeggiata di Kant. Talmente abitudinario che si racconta come gli abitanti di Königsberg la usassero per controllare la precisione dei loro orologi. Solo un grande evento riesce a distrarre il filosofo dalla sua passeggiata: l'avvincente lettura di
Emile di Jean Jacques Rousseau. Ognuno ha i suoi gusti. Anche letterari.
Lo studioso che è stato capace di superare la filosofia newtoniana, offre al mondo un nuovo sistema metafisico. Mica pizza e fichi. La vita di Kant è stata dipinta come ossessivamente metodica. Infatti, non è segnata da eventi drammatici o avventurosi, perciò l'uomo ha potuto dedicarsi anima e corpo allo studio e all'indagine filosofica. La sua apertura mentale e le sterminate letture onnivore determinano una grande visione della vita. Ma anche di ciò che sta sopra e sotto. Certo, poter leggere tutto il santo giorno vuole il suo impegno. E poi si dice la miniera. Pare anche che fosse un brillante in compagnia. Si racconta che amava contornarsi di amici con cui conversava amabilmente. Tutti basiti per quella incongruente acutezza che caratterizzava il suo immenso ingegno. Pare fosse piccolo e insignificante a vedersi. Avrei voluto averlo come amico. Così, per animare la conversazione.
- Nell'immagine la collezione Diabolik ed Eva Kant di nota casa di produzione scarpe da ginnastica.
(1) Morì nel 1804, colpito dal morbo di Alzheimer, mormorando «Es ist gut» (Va bene).
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