
Sto in montagna ormai da alcuni giorni. Bella dimensione. Silenzio, natura, ossigeno, movimento cadenzato e forte. Non mi impegno in escursioni indispensabili. Preferisco sostare a guardare panorami discontinui e capricciosi. L'ambiente mi cattura. Si favoleggia sulla perfezione della natura, sull'ordine che la caratterizzerebbe, secondo alcuni, sull'ineccepibilità delle cause e degli effetti che ne creano il dinamismo. Io credo invece che il mondo naturale sia il trionfo dell'anarchia. E mi ci trovo. Animali, fiori, piante, minerali, acque in varie forme e colori. Tutto in realtà vive una sua vicenda privata, dove il resto si incastra in via del tutto casuale. Mi addentro in un bosco per una breve passeggiata. Pedanti teorie di formiche rosse vanno e vengono ai margini del camminamento. A ridosso, illuminato da un sole radente, la tela di un ragno rifulge come seta stesa ad asciugare. Attende la sua preda. Una formica più stolta delle altre ci cade dentro. E' un attimo. Il pranzo è pronto. Profumo intenso di ciclamini selvatici dà alla testa. In assoluto, credo sia uno degli odori che più mi penetra le fibre, anche muscolari. E' un profumo antico carico di ricordi. In famiglia le chiamavamo
ciclaminate. Si andava per boschi, lontano da questi luoghi, e si raccattavano mazzi poderosi di questo fiore all'apparenza insignificante, ma incantevole. La casa profumava per giorni, anche quando i mazzi erano ormai marcescenti. Rimase epica la volta che mi avvicinai inavvertito a un nido di vespe. Mi punsero senza pietà. Anche quella volta piansi calde lacrime. Ma in mano avevo il mio mazzo di ciclamini odorosi e nulla mi sembrò così tragico. Proseguo sul sentiero, fino ad una fonte spontanea. Non è mai secca. Intorno non piove magari da settimane. Ma quel rivolo impenitente continua a sgorgare da non si sa dove. Non ci sono ghiacciai che possano giustificarlo. Vene d'acqua segrete percorrono il ventre della terra e arrivano qui da sempre. Cacciatori con anima hanno posto un boccale per i viandanti stanchi e assetati. Hanno aggiunto vicino alla sorgente anche due rudimentali panchine tagliate alla meno peggio da tronchi locali. Intorno, nel sottobosco, si spandono le foglie dell'
elleboro. Tra qualche mese sarà fiorito. Acquilegie pervinca tappezzano il suolo e felci altezzose forniscono ulteriore ombra a campanule e menta selvatica. Il bosco odora sempre di umido. Il microclima che si crea sa di grotta segreta, inaccessibile. Non perché sia difficile arrivarci, ma perché la gente non è interessata. E' in genere altrove. Il bosco ha i suoi rumori, unici e irripetibili. Non conosco il canto degli uccelli, ma molti mi fanno compagnia. Farfalle azzurre appaiono improvvise. Riempiono l'aria con ali leggere. Fulminea compare una libellula scura, in cerca di preda. E' il suo istinto, il suo bisogno che la spinge a divorare carne di insetti ignari. Non c'è violenza alcuna nella natura, ma soddisfacimento di bisogni. Continuamente. L'aggressione, là dove a noi umani pare tale, è invece la spinta alla sopravvivenza, all'istinto di vita che abita tutti gli esseri naturali. E' la conservazione della specie, il portare alla tana cibo per la prole, la sussistenza. Non esistono in natura animali grassi. L'obesità è invenzione umana. L'anarchia naturale che governa gli esseri è ovunque ci si giri. Non c'è ordine nell'eruzione del vulcano, nell'uragano che scoperchia le case, nella tempesta che disfa gli scafi. E' la natura che respira, si scrolla i fastidi procurati da quell'insano essere che vagheggia di governarla. Non ha bisogno di ribellarsi. Segue le sue vie nascoste e ogni tanto ci ricorda che esiste. Ed è più potente di noi.
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