Mi sveglio che le ore hanno almeno due numeri. Il mio amico dice che così dovrebbe essere sempre appena è possibile farlo. E' una specie di sogno. Non accade mai. Non ricordo l'ultima volta che ho dormito così tanto. In generale. Il riposo, la sosta, dare tempo al corpo di riassociarsi e generare energia mi ha da sempre dato qualche grattacapo. Anche da bambino. Mi svegliavo di notte, spesso a ridosso di un incubo ricorrente, e mi alzavo. Vagavo indeciso per le stanze, al buio; conoscevo meglio quei luoghi notturni che con la luce spalancata del sole. Sapevo a memoria gli spigoli dei tavoli, le credenze, le sedie. La casa dormiva, io mi aggiravo furtivo come un ladro, senza che nessuno si accorgesse di me. A volte mi sedevo, a ridosso del muro di un corridoio, fuori dalla stanza dei miei genitori. Mio padre russava come un mantice, mia madre aveva un respiro leggero che si mutò all'improvviso poco prima che morisse. Di solito non si sentiva mai quando dormiva. Sembrava non ci fosse. Me ne stavo lì un numero imprecisato di minuti, a volte forse ore. Poi me ne tornavo a letto. Quando l'incubo era proprio insopportabile, cercavo un posto nel letto tra i miei che dormivano. Non se ne accorgevano, ero una specie di canna di bambù leggera e sudaticcia. Me ne stavo lì, finchè il respiro non riprendeva il suo ritmo. Il cuore non era più un piccolo tamburo impazzito, riacquistava il suo senso invisibile nel mio petto. Allora me ne tornavo in camera mia, senza che nessuno si accorgesse di nulla. Avevo all'incirca sei anni e pesavo venti chili. L'invisibilità era la mia specialità. Ero imbattibile nell'esserci senza sembrare, nello scomparire all'improvviso senza che nessuno mi potesse trovare, ricomparivo in posti impensati tra le risa di tutti. La casa non era grande, si sapeva che da qualche parte ero. Mi perdevo come per un gioco che sapevo di successo. Sono riuscito anche a perdermi su nota spiaggia litoranea. Quell'estate afosa e affollata restò il racconto da incubo dei miei genitori per anni. Lì non mi trovavano davvero. Mi reperì una turista pietosa che mi portò alla direzione di uno stabilimento balneare qualunque. Forse c'erano ombrelloni bianchi a strisce rosse. Chiamarono i miei all'altoparlante. Mi raggiunse mio padre. Non rideva. Quella volta forse anch'io piansi. Non ho un ricordo preciso. Ho in mente invece l'ansia intrattenuta di mia madre che mi sgridò aspramente e senza possibilità di appello. Per giorni mi tenne un broncio freddo e ostile. Perché poi non l'ho mai capito.
Insomma, ho dormito fino ad un'ora messicana irriferibile. Il mio amico mi ha creato intorno una stanza dove il tempo non potesse dare segnali di giorno fatto. Al risveglio, ho le giuste occhiaie di chi si sta rilassando. Mi dicono che sono bellissimo. Voglio crederci.
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento