29 luglio 2010

TEMPI SBAGLIATI

I Maya (seguiti dagli altri popoli antichi dell'America centrale, quali gli Aztechi e i Toltechi) tra il IV e il XV secolo d.C. misuravano il tempo mediante tre calendari: accanto al calendario religioso, chiamato Tzolkin, e a quello civile, chiamato Haab, utilizzavano infatti un sistema per il conteggio nel lungo periodo.

Non vengono fatti entrare, se non dopo lunghe ed estenuanti prediche direzionali. Ragazzi che addestro arrivano sempre in ritardo. O troppo in anticipo. Le lezioni cominciano in genere alle 8 in punto. C'è chi posteggia fuori dalla scuola sin dalle 7.30 o giù di lì. C'è chi arriva anche oltre le 11. Il tempo non è cosa di facile comprensione o gestione. Ognuno interpreta e vive codesta dimensione a modo proprio. Se non obbligato da vincoli spazio temporali imposti da altri. Ad esempio, gli appuntamenti di lavoro. Momenti che vengono utilizzati anche nelle dinamiche distorte di potere. Vieni alle 10. Anzi no fai alle 10.30. Oppure, al contrario, si arriva immensamente fuori orario. Così, per dire che si era altrove a fare o dire cose irrinunciabili. Come in una specie di pantomima costruita appositamente per l'occasione temporale mancata, agiamo su un palcoscenico inventato da noi. Siamo sempre protagonisti indiscussi. Non c'è mai il sostituto nel caso non si stia bene. I miei ragazzi abitano altra dimensione. Fatta di smarrimenti senza dolo, con la certezza tutta adolescenziale che qualche nido comunque li accoglierà, anche fuori dalle regole del tempo. Infatti, nella maggior parte dei casi è così, con buona pace di chi li vorrebbe tutti in fila come falange macedone. Altri invece vivono una dimensione tutta loro. Allievi molto concentrati nello studio, seppur pochi, che hanno un irrisolto rapporto con la dimensione temporale. Non sentono mai la sveglia, fanno fatiche immense per essere lì, in aula. A un'ora anche sbagliata, ma ci sono. L'essere vince il tempo comunque. Se porti la tua presenza fisica in un luogo, improvvisamente il sito diventa abitato. La stanza non è più vuota. Anche se nessuno aspetta o se ne è andato nell'attesa. Il corpo si impossessa dello spazio intorno, lo fa suo. Si domina il luogo. E il tempo non conta più.

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