14 luglio 2010

ARMI

Nonostante il gran caldo, mi dirigo al dojo. L'addestramento inizia pigramente, forse anche il Sensei mal sopporta l'afa urbana. Sudiamo tutti come maiali. Il Sensei non permette di aprire la finestra. A metà circa della lezione mi fornisce del standard. Il principio d'uso è l'aumento della forza del colpo tramite la leva. Talvolta l'atrezzo è chiamato rokushakubo (六尺棒). I sono di diversi materiali, da un semplice pezzo di legno raccolto per strada ad armi ornamentali decorate fatte di legni o materiali diversi. Quello fornito a me è di legno, con fasciature di plastica verdi e rosse a partire dal centro. E' il più pesante del mazzo. E' per studio, mi dice il Sensei. Ho ancora tracce del livido della volta prima, circa un mese fa. La palestra aveva risuonato. Vergogna. Sto più attento e questa volta non mi colpisco. Il Sensei mi fa sedere ai margini del tatami, per osservare le tecniche. Oggi non mi imbroglio e l'arma veicola leggera nell'aria. Per quel che riesco a fare. Il maestro mi insegna la posizione. Dritto al plesso solare. Immagino che così si possa tramortire l'avversario. Ma anche spaccargli le ossa di gambe e braccia, volendo. I più bravi, con il tocco fine dell'arma, potrebbero anche danneggiare seriamente le dita di mani e piedi. Mi alleno da solo, da una parte del tatami, mentre i più esperti proseguono con tecniche sofisticate. Il Sensei mi richiama di nuovo al gruppo. Ancora qualche movimento e poi si passa al nunchaku, altro dispositivo interessante. Mi dice di allenarmi da solo. Mi mostra esercizi per agilizzare i polsi e imparare a sentire la tenuta dell'arma. Mi rinvia ancora fuori dal tatami. Non so come, dopo i movimenti di base, mi partono fendenti pericolosi. Mi circondo di morte. Il nunchaku può, a differenza del , strangolare, sfasciare il cranio o colpire dove capita l'avversario. E' un'arma molto potente. L'aria sibila, a seguito dei movimenti. Il rumore provocato è magnifico.

*Il nunchaku venne modificato in un bastone snodato a due pezzi chiamato shuāng jié gùn, uno strumento agricolo usato per trebbiare il grano ed il riso. Come testimonianza europea dell'uso contadino di questo strumento, si veda il dipinto di Pieter Bruegel il Vecchio intitolato Il paese della cuccagna (1567). Nel quadro il pittore ha scelto di raffigurarlo in modo sovradimensionato. Non so se esisteva davvero di queste proporzioni o se ha ridisegnato a modo suo l'arma. Forse è presente, nella parte a sinistra il alto nel dipinto, anche un bō. Non è dato sapere.

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