Lavorare in queste scuole a volte ti fa stare male. Dai energie, investi tanto, partecipi. Poi non ce la fai più e lentamente molli. Cerchi di sopravvivere in un’atmosfera tossica che imbratta te e i tuoi sogni. Sono tossici i ragazzi che ti girano intorno vestiti tutti uguali. Stralunati, insonnoliti da notti alcoliche, si trascinano fino a lunedì inoltrato. Vocabolario basic di poco più di cento parole. In pole position insulti reciproci e parolacce a manetta che infiorano la conversazione ogni due parole sensate. Sono tossici i colleghi, senza passioni, senza più voglia come te o anche peggio. C’è chi per tirare avanti risolve con psicofarmaci o psicoterapie. Schivare il burnout è il gioco del giorno. Tutti i docenti nessuno escluso camminano sul ciglio di un precipizio psicologico e emotivo. Basta poco e sei giù. E nemmeno te ne accorgi. E’ tossica l’aria mefitica che si respira nella scuola, dove le ragazze producono sempre gli stessi discorsi sulle stesse cose. Sesso, vestiti, diete, trucco e parrucco. Il quinto discorso è cosa rara. E se c’è, non te lo ricordi, intossicato come sei dalla quotidianità che ti appesantisce palpebre e pensieri.
Sono tossici i programmi che fai, a base di riassuntini, temini, brevi riflessioni su temi banali d’attualità, letturine leggere per invogliare un pubblico che a fatica sa dirti quando è l’ultima volta che ha aperto un libro. E tu che ti sei ammazzato su Dante, Petrarca, Boccaccio e il ‘900 in Italia e sprazzi di letteratura straniera approfondita con passione negli anni, te ne stai lì, proponendo pillole di letteratura inesistenti che ti vergogni a definire “programma”.
7 aprile 2010
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