25 aprile 2010

DOPO GLI ACQUAZZONI IN GENERE I CIELI SONO BELLISSIMI

Mi alzo come il solito alle 5.40. Fuori il cielo è sbavato di viola, dopo un temporale durato tutta la notte. Respiro l’aria fresca dell’alba. Faccio fatica ad aprire i polmoni, la cassa toracica lavora al minimo. Ho bisogno di aria e impegno il respiro. Lascio la finestra aperta così i locali respirano. Ho l’impressione che anche gli ambienti abbiano bisogno di respirare, di cambiare l’aria che li occlude. Penso ai miei studenti, piccoli cuori chiusi in vite troppo pesanti per l’età che vivono. Eppure respirano, a volte al minimo per non invadere lo spazio, per non disturbare. Altre volte i respiri si fanno ravvicinati, inglobano vistosamente aria, in momenti di collera che non sempre si sgonfiano subito. Spesso una rabbia compressa li fa esplodere per minime cose, o perlomeno a me sembrano sciocchezze, impotente a penetrare il loro mondo per davvero.
E poi improvvisa scoppia una risata, come un fuoco d’artificio ne trascina altre e poi altre ancora. E torna il sereno. Tu richiami all’ordine, è il tuo mestiere. In realtà sei sollevato, contento che tutto fluisca di nuovo, nell’ordine di un nuovo giorno lavato dal temporale della notte. D’altronde si sa che dopo gli acquazzoni in genere i cieli sono bellissimi.

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