28 giugno 2012

IMMAGINO NEVE

Caldo africano. Credo quasi 40 gradi. Molto umido, poca aria. Metropoli in via di dissolvenza causa eccesso di temperatura. Passanti come fette di prosciutto tra asfalto sciolto e cielo incombente con scarso ossigeno. Il colore del cielo è slavato, come se la calura l'avesse scolorito con qualche incantesimo. Inutile dire come sia arduo dormire. Non tanto per il caldo, ma per l'ossigeno che sembra meno a  causa di esso. E quindi immagino neve. Candida, soffice, a larghi fiocchi densi come frittelle di mele. Ricopre i tetti di una qualunque città di montagna che immagino la mia. Attutisce i rumori, smorza la velocità delle macchine, attenua i suoni intorno. Nulla rompe l'incanto. Le macchine sembrano immensi regali natalizi ammantati di bianco, quel bianco poi che riluccica al chiarore dei lampioni o della sera che si annuncia con sparsi fanali. E inatteso arriva il freddo, leggero e insistente come una piuma passata sotto i piedi. E mi addormento, felice tra i fiocchi di neve che atterrano inconsistenti sul lenzuolo dalla finestra rimasta aperta. La zanzariera, magicamente, non li trattiene.



 Neve a Giverny (Claude Monet Parigi 1840 - Giverny 1926)

26 giugno 2012

FINALE DI PARTITA

Eccoci alla fine di quest'anno scolastico. Fatti gli scrutini, finiti gli esami. Tutti fuori. Molti al lavoro, qualcuno in vacanza. Altri rimangono in città, smuflonati fino a ore improbabili del mattino. Attendono la sera, come gechi sui muri della metropoli che li aspetta a braccia aperte. Torneranno ai letti loro o di altri in ore assurde, per ricominciare il giorno dopo. Fatti di alcol o di droghe diverse, storditi e invecchiati anzitempo. Caldo che non aiuta, amori estivi che sbocciano nello spazio di un'estate. Esauriti già con l'autunno, alcuni disperati altri voltano immediatamente pagina e ricominciano con qualcun'altro. Indiffererente chi, li muove solo la ricerca di un attimo di calore, anche fugace e inconsistente come una nuvola di passaggio. Non importa. Alcuni covano amori senza speranza, gli ultimi dei romantici. Spiace. Il fatto è che non gli piaci abbastanza. Ma nessuno lo dice.

Krzysztof Iwin - Credo sia un artista polacco nato nel 1974. Ho scarse notizie. Il quadro è intitolato NOIA.


*smuflonati -  evidente  neologismo sta ad indicare lo svacco totale a cui si abbandonano i giovani in momenti di noia. Si rimpinzano di junk food fino a scoppiare, guardano senza sosta la tv, dormono, fumano, bevono,  ridormono...


28 gennaio 2012

ANCORA QUI

E' un po' che manco. Impegni familiari mi hanno tenuto  altrove. Spero di sdoganarmi nell'arco di un anno e mezzo ancora. Ho poco tempo e poche energie residue, ma è bene per me tornare. Ho cambiato scuola, altra parte della città, meno risse, più fumo che gira tra ragazzi ignari di se stessi e di cosa si muove intorno. Insegno ancora italiano, per quel che significa.
Chiedo scusa ai lettori per non esserci stato in questo periodo, ma è stato meglio così. Riprendo a scrivere dopo molto tempo, probabilmente non sarò molto brillante, spero di non annoiare troppo. Ho amici che premono per leggere, non mi va più di fronteggiarli, mi costa meno ricominciare a scrivere, anche se non so quanto intensamente. C'è di buono che nessuno ha obbighi. Nè io di scrivere, nè altri di leggere. Libertà per tutti. Condizione ideale di relazione perfetta. Sempre che una relazione perfetta possa esistere. Se la potessi disegnare la vorrei così: serenità, calma, lentezza, libertà, tenerezza e calore. Si vuole sempre troppo.

*Il sonno del poeta Irene Salvatori - pittura contemporanea. Mi pare bello, anche se non solo non sono poeta, ma nemmeno mi piace tanto la poesia. http://www.irenesalvatori.com/

Sono calmo e piuttosto lento, i ragazzi si infastidiscono. Loro corrono, sono sempre accesi e vorrebbero che anche tu andassi a fuoco con loro. Io non li seguo, ma fingo a volte un'energia che mima pateticamente la loro, vera e inossidabile.
Ragiono sull'onestà e la trasparenza dei comportamenti, vi dirò in altro post, ora sono stanco.




27 gennaio 2012

IL GIORNO DELLA MEMORIA

Se ne parla in classe. Molti non sanno nulla, altri accennano a frasi offensive verso il popolo ebraico. Gran confusione di idee e scarsa sensibilità generale. Mi impegno in una specie di spiegazione. Vorrei far capire che in ognuno di noi sta un pezzetto di ebreo, ma anche un pezzetto, si spera trascurabile, di aguzzino nazista. Parlo della Shoah, provo a spiegare che il significato di sacrificio non esaurisce la comprensione del dramma storico che è avvenuto. Chiedo se qualcuno è di famiglia ebraica o ha avuto parenti deportati. Tra tutte le classi, solo una mano si alza. E' D. che parla del nonno deportato a Treblinka. Si salvò perché suonava il violino. L'indifferenza mista a insofferenza della classe è agghiacciante. Mi chiedo cosa resta in questi cuori e cervelli del terzo millennio di ciò che è stato. Mi chiedo anche come possiamo noi aduti, a nostra volta senza esserne stati testimoni, essere credibili nel "raccontare" quello che è stato. Forse l'indifferenza che vedo è la mia. Troppe informazioni storiche, che poco lasciano all'emozione e ai sentimenti, fanno dire in modo inappropriato, sicuramente inesatto, questa pagina buia. Oggi non mi sento un buon insegnante.