28 giugno 2012

IMMAGINO NEVE

Caldo africano. Credo quasi 40 gradi. Molto umido, poca aria. Metropoli in via di dissolvenza causa eccesso di temperatura. Passanti come fette di prosciutto tra asfalto sciolto e cielo incombente con scarso ossigeno. Il colore del cielo è slavato, come se la calura l'avesse scolorito con qualche incantesimo. Inutile dire come sia arduo dormire. Non tanto per il caldo, ma per l'ossigeno che sembra meno a  causa di esso. E quindi immagino neve. Candida, soffice, a larghi fiocchi densi come frittelle di mele. Ricopre i tetti di una qualunque città di montagna che immagino la mia. Attutisce i rumori, smorza la velocità delle macchine, attenua i suoni intorno. Nulla rompe l'incanto. Le macchine sembrano immensi regali natalizi ammantati di bianco, quel bianco poi che riluccica al chiarore dei lampioni o della sera che si annuncia con sparsi fanali. E inatteso arriva il freddo, leggero e insistente come una piuma passata sotto i piedi. E mi addormento, felice tra i fiocchi di neve che atterrano inconsistenti sul lenzuolo dalla finestra rimasta aperta. La zanzariera, magicamente, non li trattiene.



 Neve a Giverny (Claude Monet Parigi 1840 - Giverny 1926)

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